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Andrea Stoppini: "La vittoria di Sinner non mi ha sorpreso"

Andrea Stoppini su quel campo ci ha giocato. Nella Rod Laver Arena, davanti allo stesso giocatore che Jannick Sinner ha battuto in semifinale, Novak Djokovic. La prima volta agli Australian Open, la prima volta in un torneo del Grande Slam, la prima volta su un grande campo centrale davanti ad oltre diecimila spettatori. Gennaio 2009, Stoppini supera le qualificazioni e pesca al primo turno il serbo, terza testa di serie. Comincia bloccato dalla tensione, un po’ come è successo pure a Sinner, cede 6-2 6-3 i primi due set, poi scappa avanti 4-0 nel terzo, prima di subire la rimonta del serbo vittorioso 6-2 6-3 7-5. “Alla fine ci siamo scambiati la maglietta - racconterà l’ex professionista rivano, che oggi fa il maestro al Ct Arco - ce l’ho ancora, peccato solo che non sia autografata. Così non vale molto.” Le emozioni di quel giorno sono ormai svanite “ricordo poco della partita”, confida sorridendo. Il successo di Sinner su quello stesso campo centrale invece non lo ha sorpreso. “Mi aspettavo una grande vittoria, dopo i successi al Master e in Davis si capiva che era ormai pronto per il grande salto. E ha superato alla grande anche l’esame del tre su cinque, l’unica incognita. Ma a mio avviso il torneo lo ha vinto prima della finale, nei sei turni precedenti, arrivando in fondo senza sprecare troppe energie. Medvedev invece alla lunga ha pagato le fatiche delle partite giocate sin lì.”

Lucida freddezza - Il tennis è uno sport diabolico, basta un colpo e tutto può cambiare in un istante. E’ stato così anche nel match tra Jannick e l’orso russo, ne è convinto Stoppini. “L’ace con cui ha cancellato sul 3-3 del quarto set l’unica palla break concessa a Medvedev, quel punto secondo me ha avuto un peso specifico enorme. Da lì la partita è girata definitivamente. Solo i grandi campioni riescono a essere così lucidi nei momenti più difficili, era già successo nel tie-break con Rublev, quando era risalito da 1-5 al tie-break, e con Djokovic in semifinale, dopo aver perso il terzo set con un match ball a favore. Significa che ci sei con la testa, che sei sempre sul pezzo, con la feroce determinazione di rimanere attaccato al match. Adesso dovrà confermarsi sul cemento americano e poi sulla terra, ma in questo momento sul campo è il numero uno. E sarà un bello stimolo per gli altri, ha alzato l’asticella e i suoi avversari dovranno fare altrettanto per competere sui suoi livelli.”
Conoscenze - La domanda sorge spontanea, ma Sinner è davvero la punta di un movimento, quello italiano, in straordinaria ascesa? “Io sono convinto che la crescita del nostro tennis sia cominciata alla fine degli anni Novanta con l’introduzione dei tornei Future e Challenger. L’Italia è stato uno dei paesi che ha ospitato e organizzato il maggior numero di prove di questo tipo, dando così la possibilità a tantissimi giocatori più o meno forti di fare esperienze di un certo livello. E molti di questi giocatori hanno poi riportato queste queste conoscenze nelle scuole tennis. La svolta secondo me è partita da lì.” Tra quei giocatori che frequentavano il circuito ai tempi di Stoppini c’era anche Simone Vagnozzi, l’attuale allenatore di Jannick. "Io sono stato il suo primo punto Atp - ride Stoppo - non era un tennista molto dotato dal punto di vista fisico, ma aveva una grande manualità. E compensava i suoi limiti con una notevole intelligenza. Così ha aiutato Sinner a migliorarsi.”

Autore
Luca Avancini

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