Lutto nel tennis trentino: si è spento Giuliano Maistri

Il tennis è stato il suo elisir di lunga vita, e quella di Giuliano Maistri, spentosi domenica sera all’età di 94 anni è stata una vita lunga, felice e appagante. Puoi fermare il tempo solo se lo guardi negli occhi, se non hai paura di lui, ha scritto qualcuno, e lui il tempo l’ha sfidato con disincantata naturalezza, il portamento elegante e composto. Sul lavoro, come nello sport, che non ha mai smesso di occupare uno spazio importante. Diviso con la sua bella famiglia, la moglie Brunella, sempre al suo fianco, i figli Michele, Andrea, Sandra, Antonia e Marta. Fino a qualche anno fa era ancora in campo per il solito immancabile doppio all’Ata. Il fisico, coltivato con intelligenza e disciplina, gli ha regalato tante soddisfazioni anche in tempi più recenti, compresi quattro titoli mondiali tra i veterani. Al tennis era arrivato tardi per illudersi di varcare certi confini, ma il segno lasciato nella storia cittadina di questo sport è stato ampio e profondo. Ha trasmesso la passione a quattro dei cinque figli, diventati a loro volta buoni giocatori, ed è stato fonte di ispirazione per la nipote Deborah, figlia di Sandra e Alberto Chiesa, già numero 143 al mondo. Un’icona, che ha attraversato la scena regionale, per un ventennio almeno, da assoluto protagonista, ma soprattutto un uomo di straordinaria umanità, particolarmente apprezzato anche sul lavoro. Si era laureato in Medicina a Bologna e dopo una breve esperienza da medico condotto, aveva messo a frutto la sua specialità in Microbiologia all’Ospedale Santa Chiara di Trento, primario del reparto e docente alla scuola infermieristica.
Torta - Quando impugna per la prima volta una racchetta ha ventisette anni, ma il fisico e lo spirito sono ancora quelli di un atleta vero. E' Giorgio Torta a convincerlo a provare seriamente con il tennis. Veneziano, titolare della Casa del Caffè di via S. Pietro, rilevata alla fine degli anni Cinquanta, Torta è un dirigente appassionato e competente. Maistri impara in fretta, anche se trovare spazio al circolo non è un’impresa semplice. “Per avere un campo libero capitava di giocare alle sei e mezza di mattina, prima di iniziare il turno in ospedale”, racconterà con l’aria divertita. Il braccio c’è, il colpo d’occhio pure. Il tamburello gli ha dato la predisposizione a giocare in avanti, di anticipo.
Il Tamburello - Aveva cominciato a giocare a tamburello nel suo paese natale, Aldeno, al termine della seconda guerra mondiale. Ad Aldeno allora di squadre ce ne sono due, quella dell’Excelsior, dove gioca Maistri, la chiamano anche la squadra dei preti perché è di forte orientamento democristiano, e l’Altinum, che ha le maglie biancorosse ed è sostenuta più o meno apertamente dai socialisti. Una rivalità alla “Peppone e Don Camillo” di guareschiana memoria in chiave tamburellistica. Che durerà sino al 1966 quando le sue società si fonderanno. Giuliano ha appena vinto con l’Excelsior il campionato provinciale del 1949, quando viene avvicinato dal solito benestante di Aldeno che gli dice: “Senti Maistri, che ne diresti di venire a giocare per noi?” E per essere più convincente tira fuori dei bei bigliettoni. Accetta l’ingaggio, “Non era questione di essere venali - spiegherà - a quei tempi era molto difficile raggranellare qualche soldino, l’unica possibilità era andare a raccogliere uva.”. Il parroco indignato gli scrive una lettera dai toni minacciosi e la domenica non risparmia una dura reprimenda al giocatore durante la tradizionale omelia. Quando termina la seconda guerra mondiale è già diviso tra il tamburello e il calcio, scoperto grazie ad Aurelio Massaggia, futuro manager del Calcio Trento e dell’Aquila basket, allora sfollato ad Aldeno. "Aveva un pallone e organizzammo qualche partitella. E’ stato lì che noi ragazzi abbiamo scoperto il calcio. Nessuno allora si muoveva per andare a Trento.”
Sono i dirigenti di via Sanseverino a bussare alla sua porta. Con la maglia gialloblù disputerà quattro stagioni, dal 1952 al 1956, difensore arcigno ed energico. Alla guida della società c’è l’onorevole Helfer, ma sono anni grigi, avari di soddisfazioni. Il Trento dopo la riorganizzazione della serie C è stato relegato in quarta serie con Bolzano, Lancia e Rovereto. E’ il Trento di Italo Bortolotti, di Setti e Del Gizzo, non riuscirà mai a schiodarsi da un desolato anonimato. Il pallone in ogni caso è una breve parentesi, ci sono gli studi di medicina da completare. Gli unici che possono assicurargli un futuro più che dignitoso.
Il tennis - Iniziato con un misto di esitazione e scetticismo, il tennis si è trasformato nel frattempo in un amore travolgente. "Mai preso una sola lezione in vita mia - confesserà - ma ad Aldeno ci trovavamo spesso a giocare con delle rudimentali palette in legno”. Il suo è un gioco offensivo, tutto d’anticipo, che si basava sull’intuizione dei movimenti e l’attitudine ai colpi di contro balzo. L’apertura corta gli consente rapide discese a rete, dove gioca volée profonde e tagliate. Sa occupare lo spazio in maniera sorprendente e sembra avere più soluzioni di qualsiasi altro tennista.
Alla fine degli anni Sessanta è già una personalità di primo piano della scena regionale. Nella finale del ’65 del Città di Trento batterà in finale un promettente ragazzino rivano, Valerio Mosele. “Fulmineo colpo d’occhio, senso della posizione, baldanza atletica sono le doti che Maistri impone sul campo da gioco”, così sentenzia il decano dei giornalisti sportivi Umberto Grillo. Tre anni più tardi, dopo la finale persa con il bresciano Torriti, Maistri trionfa dominando la sfida con il bolzanino del Circolo Lancia di Torino Sergio Magnani, che nei quarti aveva sorpreso il grande favorito della vigilia, il baffuto milanese Franco Bonaiti, futuro direttore il Centro Tecnico del Foro Italico e allenatore di numerosi tennisti di livello internazionale, tra cui Silvia Farina. La sfida tra i due si ripeterà nell’edizione del 1970 che segna la definitiva consacrazione di Maistri ai vertici del tennis regionale, Magnani stavolta trascina al terzo il rivale, ma alla distanza cede di schianto. Maistri s'impone anche nel 1971, stroncando in meno di un’ora il torinese Giancarlo Anerdi, già nazionale juniores. Nel femminile s’impone la romana Silvana Belardinelli, è la nipote del grande Mario. "La grande dote di Giuliano era la concentrazione, con quella sopperiva anche a certi limiti tecnici, in fondo era cresciuto da autodidatta - dirà di lui Gigi Pagnacco, ingegnere mestrino e suo compagno in tanti tornei veterani - Mi ha sempre impressionato il suo fisico eccezionale. Se volevi metterlo in difficoltà l’unica cosa era alzare dei pallonetti, aveva un solo punto debole: lo smash!”
Santa Alleanza - Gioie e rimpianti. Il 1972 è l’anno della Facchinetti, la serie C, della santa alleanza tra Trento e Bolzano. “Non c’era ancora l’abitudine di andare a prendere i giocatori fuori regione, ma unendo le forze si poteva puntare in alto - rivelerà - Il patto nacque spontaneo, impiegammo poco a metterci d’accordo”. I migliori di Bolzano, Basso, Benini e Lucich, scendono in piazza Venezia e il Ct Trento arriva a un passo dallo scudetto. Cede solo al doppio di spareggio, giocato dal duo Benini-Lucich, nella finalissima con lo Stampa Sporting Torino. Resterà il rammarico “Con Basso in campo probabilmente avremmo vinto”. Basso e lui, i due più forti. Gli scudetti arriveranno qualche anno dopo, da veterano.
Un "probabilmente", messo lì con pudore, riflesso di quei valori, di quella signorilità, che non perderà mai di vista e che lo hanno sempre contraddistinto, in campo e fuori, nello sport come nella vita. Anche quando il tennis tanto amato perderà la sua purezza, i gesti bianchi lasceranno posto a un'omologazione di stili e strategie, originalità e creatività verranno sacrificate sull'altare dell'efficienza.
Alla moglie, ai figli, nipoti e a tutti i familiari va il pensiero affettuoso e il cordoglio di tutto il tennis trentino.
L'ultimo saluto a Giuliano Maistri verrà dato giovedì 13 marzo, dalle 14, alla Chiesa del Santissimo Sacramento di Trento.