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Addio Lea, grande signora del tennis: giocò il Città di Trento

Signora in campo e fuori, maestra di eleganza, una delle prime donne a raccontare il tennis su giornali e in tv dopo averlo giocato ai massimi livelli. Lea Pericoli, scomparsa all'età di 89 anni, è stata indubbiamente una delle figure più iconiche dello sport italiano. Aveva giocato anche un'edizione del Città di Trento, nel 1954, una delle più belle e spettacolari di sempre.
"Bionda e sfarfalleggiante", come la definirà il giornale. E’ ancora poco conosciuta e sarà eliminata al secondo turno. Vincerà poi ben 27 titoli internazionali, record che in Italia nessuno ha mai più nemmeno sfiorato, Nicola Pietrangeli a parte. Era cresciuta ad Addis Abeba, in Etiopia, con il padre, un ricco uomo d’affari che si raccontava fosse stato liberato dal Negus in persona, Hailé Selassié, dal campo di concentramento in cui era stato rinchiuso durante il secondo conflitto mondiale. Tornata in Italia, era stato proprio il padre a spingerla giovanissima verso il tennis, una passione di famiglia. Due anni dopo la sua apparizione in piazza Venezia farà scalpore a Wimbledon per la sua mise decisamente audace. Il racconto di Gianni Clerici rende piuttosto bene l’idea dell'impatto che ebbe su quell'ambiente formale e compassato: “A Wimbledon le tenniste indossavano ancora gonne lunghe sin quasi al ginocchio, solo le americane erano più disinvolte, con quella che si chiamava sottana-pantalone. Come Lea scese in campo si verificò un assieparsi simile a quello che avevo visto per il primo film della coetanea Sofia Loren, i fotografi che si battevano a colpi di gomito, i dirigenti in blazer imbarazzatissimi: ogni volta che Lea colpiva il suo diritto, la sottanella, già corta sino alla coscia, roteava, facendo sì che la Divina, come avevo preso a chiamarla, mostrasse l’indumento sottostante, che, non fosse state tanto chic, si sarebbe potuto definire mutandine.” Provata dall’esperienza e convinta dal padre, Lea abbandonerà il tennis dal 1956 al 1958. Tornerà, più forte di prima. “Un coniglio coraggioso”, come si definirà lei, giocatrice dal tennis istintivo, quasi selvatico, non aveva la forza di andare all’attacco, ma da dietro si difendeva come una leonessa. O meglio come come una regina, “la regina dei pallonetti”, come la definirono in tanti. Ma giocati con uno stile e una grazia che non aveva rivali. E a Wimbledon le sue arditissime e sconvolgenti mise fatte di piume, pizzi, tulle e lamé, continueranno a conquistare a lungo la prima pagina dei giornali.

Autore
Luca Avancini

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