Il grande tennis all'Ata, una storia cominciata 30 anni fa
L’Ata e il grande tennis, una storia che parte da lontano. E’ il febbraio del 1993, quando i campi di via Fersina ospitano una tappa dell’Alitalia Winter Satellite Circuit, ed è anche la prima volta che un torneo internazionale sbarca in Trentino. Il merito va al coraggio e all’intraprendenza del presidente Renzo Monegaglia, ma c’è anche lo zampino di Alex Tabarelli, organizzatore di tutte le manifestazioni tennistiche regionali. L’inverno precedente era riuscito a portare la Coppa Davis a Bolzano, gran colpo perché gli azzurri, trascinati da uno straordinario Omar Camporese, avevano realizzato un'autentica impresa battendo la Spagna di Emilio Sanchez e Sergi Bruguera. Sulla tribuna di via Fersina si accomoda anche Tomas Smid, l’ex campione ceco degli anni Settanta e Ottanta, 11 titoli di singolo, ben 55 di doppio, tra cui uno al Roland Garros e uno agli Us Open. Ha tagliato i lunghi baffoni neri, ma ha sempre la stessa aria sorniona e disincantata.
Scruta il campo e prende appunti, stringati quanto pungenti, l’amico Vittorio Selmi, dirigente della Federazione e dell’Apt gli ha appena proposto di lavorare in Italia come direttore del centro tecnico federale di Cesenatico. Lui segue poco convinto le evoluzioni dei nostri, gli azzurri non brillano di certo sul veloce di via Fersina. I favoriti si infrangono tutti al primo scoglio, a cominciare dal giocatore di miglior classifica, il salernitano Mario Visconti, classe 1968, nel suo palmarès ci sono due vittorie nei tornei Challenger (a Jakarta nel 1991 e a Bangalore nel 1992) e un prestigiosissimo secondo turno al Roland Garros nel 1993, quando gli era riuscito di mettere sotto il tedesco Carl-Uwe Steeb. E’ numero 154 al mondo, ma inciampa con il piccolo Carlo Santoro, che non ha colpi potenti, ma tanta gamba per rovesciare il pronostico. Saltano subito anche Massimo Ardinghi, seconda testa di serie e numero 204, inciampato nella sorpresa Stadling, e il lombardo Nicola Bruno, numero 206 che tradito dal servizio (ben undici i doppi falli) finisce al tappeto con il giovane romano Daniele Musa. Il futuro maestro del Ct Trento troverà comunque il modo di consolarsi vincendo il doppio insieme al milanese Ugo Colombini.
Anche i più giovani non fanno tanta strada, il migliore degli italiani è Marco Meneschincheri che getta via malamente il match dei quarti con il qualificato austriaco Weindorfer. Il torneo premia a sorpresa il carneade svedese Mikael Stadlling, ventisei anni di Sundsvall, piccola cittadina sul golfo di Botnia, numero 359 delle classifiche mondiali, giunto tardivamente nel circuito dopo aver studiato e giocato nei college americani, ha seguito la vera vocazione familiare, quella musicale, diventando un eccellente flautista. E’ sceso dalla vicina Seedelf dove fa il maestro di tennis, usa una vecchia maglietta Tacchini come portafortuna, non ha sponsor, ma il suo tennis solido e concreto smonta le velleità dei rivali; in finale si arrende anche il rosso di Harare Kevin Ullyett, partito meglio ma spentosi alla distanza. Stadling non si spingerà lontano, continuando a insegnare tennis nell'elegante cittadina oltralpe, meglio farà lo zimbabwese che raggiungerà il numero 107 nelle classifiche mondiali, arrampicandosi addirittura al numero 4 delle graduatorie di doppio, dopo aver vinto due titoli Slam agli Us Open e agli Australian Open, entrambi in coppia con il connazionale Wayne Hamilton Black. Il bilancio è lusinghiero, anche grazie allo straordinario impegno dei tanti volontari del circolo, ma il torneo sparisce dal calendario. “Fu un’esperienza estremamente positiva - racconterà poi Monegaglia - e noi eravamo disponibili a continuare, purtroppo la Federazione decise diversamente.”
2005 Galimberti a tutta
Ci vorranno poi dodici anni per riallacciare il filo. Grazie alla pazienza e all'ostinazione del suo presidente l’Ata potrà tornare ad abbracciare il tennis professionistico. L'annuncio arriva L’annuncio è arrivato durante la cerimonia di premiazione del torneo Open del 2014 vinto dal toscano Elia Grossi e dalla torinese Stefania Chiappa. Non è ancora una certezza, ma una speranza molto vicina a concretizzarsi rivela Monegaglia. “Non dipende solo da noi, il regolamento internazionale ci impone di abbinare il nostro torneo ad un altro vicino. Abbiamo già avviato dei buoni contatti, diciamo che siamo decisamente sulla buona strada. Le date saranno quelle dell’Open, cioè seconda metà di febbraio, il periodo è favorevole, potremo avere un torneo dagli elevati contenuti tecnici, superiore al valore stesso del montepremi.” Detto, fatto, dodici mesi più tardi si torna a parlare internazionale, la stella della prova Itf da 15mila dollari è il lombardo Giorgio Galimberti, ha chiesto e ottenuto una wild card all’ultimo momento, viaggia intorno al numero 250 e ha appena ricevuto la convocazione in Coppa Davis. Non c’è Andrea Stoppini, dolorante alla caviglia, il numero due in tabellone è Francesco Piccari, oggi allenatore di Deborah Chiesa. Ad attirare tutte le attenzioni però è il 19enne georgiano Lado Chikhladze, SuperChik come viene presto ribattezzato per la violenza esplosiva di suoi colpi. Macina avversari sino alla semifinale, qui deve recuperare un set di ritardo a un brillante Matteo Gotti, che per un’ora riesce a imbrigliare la potenza del rivale con il rovescio in back basso e profondo e qualche approccio avvelenato. Chikhladze schiuma rabbia, commette una marea di doppi falli, non ha pazienza, né mezze misure, ma alla fine sfonda le difese del bolognese dell’Ata e passa in finale. Trova ad attenderlo Galimberti che ha domato in due set un certo Paolo Lorenzi, allora solo numero 307 al mondo. La finale è tesa, ruvida, i due continuano a provocarsi e sul seggiolone Peppino Di Stefano, che pure si è confrontato con tipetti irascibili come John McEnroe, ha il suo daffare per frenare i bollenti spiriti dei due contendenti. Galimberti è più smaliziato del giovane rivale, e nei momenti caldi indovina un paio di passanti vincenti che provvedono a scardinare le sicurezze del gigante georgiano. SuperChik mastica amaro, qualcuno si sforza di profetizzargli un grande avvenire, ma Lado non saprà mai unire alla forza bruta anche la costanza e l'intelligenza tattica per spingersi più su del 350esimo posto, raggiunto due stagioni più tardi.
2006 Guastafeste Giraudo
Il 2006 pare l’anno buono per il beniamino di casa, Andrea Stoppini, la semifinale con lo spagnolo Marcel Granollers Pujol, (che raggiungerà il numero 19 al mondo sei anni più tardi) ha tutta l’aria di una finale anticipata: Stoppo gioca a corrente alterna, domina per un set attaccando in controtempo il 20enne di Barcellona, si inceppa nella seconda frazione, ma ritrova il suo tennis giusto in tempo per risolvere la sfida in tre set. La finale, quella vera, tuttavia gli riserva una secchiata d’acqua gelida, rovesciatagli addosso da Alberto Giraudo. Il 22enne mancino torinese ha indovinato la settimana perfetta, infilato l’incompiuto russo Golubev, aggirato le trappole del terraiolo Vagnozzi, oggi coach di Cecchinato, e matato il lungo e incostante Ocera. E’ la sua prima finale Itf, ma il braccio non trema mai, fa sempre le scelte giuste mentre il rivano non trova la misura dei colpi. La delusione è tanta, ma l’appuntamento con la vittoria è solo rinviato di un anno.
2007 Finalmente Stoppo
La vendetta, si sa, è un piatto che va servito freddo. Un anno dopo Andrea Stoppini si toglie la soddisfazione di restituire lo sgarbo subito dal torinese, un sorteggio malandrino gli offre la rivincita su un vassoio d'argento già al primo turno. Stavolta non c’è storia, troppo superiore il rivano, che solo qualche mese prima aveva portato l’Ata a un passo da uno storico scudetto in A1. Stoppini marcia sicuro sino alla finale, mentre Gotti dilapida un quarto già vinto, avanti 6-0 5-3 e match ball con Giancarlo Petrazzuolo. La sfida decisiva è con il comasco Marco Crugnola, numero 294, allenato da Borroni e in possesso di solidi fondamentali, oltre a una buona capacità di leggere tra le pieghe della partita. Stoppini parte forte, ma Crugnola non molla mai la presa, recupera il set e sale 5-4 nella frazione decisiva con il servizio a disposizione. In tribuna si soffre, il trentino però resta lucido e indovina un paio di risposte vincenti recuperando il break di ritardo, e rifugiandosi nel tie-break dominato sette punti a quattro. Può finalmente sorridere, l'Ata è ai suoi piedi.
2008 Il re è Paolo Lorenzi
L'edizione 2008 del torneo dell’Ata esalta la fibra forte di Paolo Lorenzi, lo spirito da lottatore che consentirà al senese di arrampicarsi sino al numero 33 delle graduatorie mondiali, nel 2017, a trentacinque anni. Tenacia, determinazione, grande concentrazione, qualità che aiutano Lorenzi a risalire da 2-4 al terzo durante la complicata semifinale con il danese Frederick Nielsen, protagonista dell’eliminazione nei quarti di Stoppini, e che gli consentono poi di raddrizzare una finale cominciata male (2-5) con il corazziere austriaco Philipp Oswald, nonché di gestire al meglio due durissimi tie-break, vinti entrambi nove punti a sette. Il successo non casuale, il 2008 è l'anno della svolta per Lorenzi, come racconterà più avanti "Ho iniziato ad allenarmi con Claudio Galoppini, che pure non aveva mai seguito tennisti uomini, e insieme a lui c'era il preparatore atletico Stefano Giovannini, gran parte del merito va diviso con loro che si tuffati con entusiasmo in questa avventura insieme a me." Lui ci ha messo umiltà, lavoro, dedizione e sacrificio. Quello che serve per andare lontano nello sport.
2009 Passa lo straniero
L’edizione 2009 è la prima a parlare straniero. Marca visita Stoppini, che ha toccato il suo best ranking al numero 203, e sta puntando sul circuito maggiore, il principale favorito è un ragazzone inglese di Bringstoke, Joshua Goodball, gran tifoso del Chelsea, numero 198 al mondo. Fa tutto bene sino alla finale, nel momento della verità il suo tennis aggressivo finisce fuori giri con il 28enne francese Stephane Robert. Dopo una buona partenza (3-0) il gigante d’Albione perde determinazione e precisione, il transalpino invece non fa una piega, solido come il marmo, abile nel lavorare di cesello il punto debole del rivale, il rovescio. Vince il tennista di Montargis che come Lorenzi approccerà il tennis che conta alle soglie dei trent’anni: nel 2014 raggiungerà gli ottavi agli Australian Open e sarà finalista nell’Apt di Johannesburg, battuto da Feliciano Lopez. Nel 2016 si arrampicherà sino al numero 50 della graduatoria mondiale, senza mai fermarsi. Oggi, dopo aver spento la trentottesima candelina continua a difendersi dignitosamente nei circuiti minori, attestato ancora tra i primi duecento al mondo.
2010 Sorpresa gigante
Stoppini torna nel 2010, edizione spostata a marzo, il rivano scivola ai quarti sgambettato dal 20enne rumeno Petru Alexandru Luncanu, n.332 Atp. La scena se la prende il 32enne patavino Stefano Galvani che meglio non poteva presentarsi ai suoi nuovi tifosi, fresco di ingaggio in A1 con l’Ata. Su questi campi ha già vinto l’Open di Capodanno, nell’Itf si spinge sino alla finale, piegato solo dal 25enne austriaco di Innsbruck Johannes Ager, autentica sorpresa del torneo, visto che non era compreso tra le teste di serie. Ager si impone dopo tre ore di battaglia, un braccio di ferro intenso ed emozionante tra la potenza del corazziere austriaco, e la personalità forte dell’azzurro che riesce a riaprire un match che sembrava chiuso a doppia mandata con l’austriaco avanti 6-3 3-0 e servizio a disposizione. Alla fine trionfa comunque Ager che mette sul piatto della bilancia le sue maggiori risorse atletiche e fisiche.
2011 Il morso del cobra
Rieccolo il cobra: Stefano Galvani non dovrà aspettare poi molto per stappare lo spumante: nel 2011 è lui a trionfare. A tenere banco è la sfida di secondo turno con il compagno di squadra Andrea Stoppini: il rivano non è al meglio, ma lotta con orgoglio e riesce ad allungare il match al terzo set, senza evitare però la sconfitta. C’è anche Riccardo Bellotti, si fermerà ai quarti battuto dal francese Gregoire Burquier, mancino classe 1984, che arriverà in fondo con il patavino. La finale non delude, tesa e spettacolare, il cobra, come è stato ribattezzato Galvagni non se la lascia mai sfuggire dalle mani, è sempre presente e attento nei momenti caldi. Classe, tecnica, esperienza, un naturale senso dell’anticipo, c’è una po’ di tutto nel tennis di Stefano Galvani, ex n. 99 nel 2007, un beniamino coccolato e applaudito negli anni a seguire dagli appassionati del circolo, visto che legherà il suo trascorso all’Ata agli anni magici della serie A, quelli della famosa finale del 2012 con Forte dei Marmi, raggiunta insieme ad Andrea Stoppini. Un professore in cattedra nel terzo e decisivo set che gli consegna un meritato alloro.
2012 Un serbo nel motore
Il tennista dell'Ata sfiora il bis nel 2012, alla terza finale consecutiva, cede con il serbo Boris Pashanski, che ha un carattere bizzoso, ma pure un talento cristallino. Il 29enne di Belgrado, otto titoli Challenger, al momento n. 426 ma con un best ranking al n. 55 al mondo ottenuto nel 2006, soffre in avvio le velenose traiettorie di Galvani, è nervoso e si lascia andare pure a qualche plateale atteggiamento polemico rinunciando di fatto a giocare gli ultimi punti del primo set. Ma dal secondo parziale è capace di cambiare marcia, sfrutta un passaggio a vuoto del veneto per pareggiare il conto dei set e rientrare pienamente in partita. Il terzo si gioca punto a punto, decide il tie-break: Galvani recupera l'iniziale svantaggio (2-4), ma Pashanski rialza rabbiosamente la testa e infila di forza i tre punti che gli consegnano il titolo.
2013 Alla fiera dell'Est
Il vento dell’est continuare a soffiare forte anche nel 2013, stavolta è il bosniaco Mirza Basic a firmare in calce il torneo infrangendo sul più bello le speranze del 23enne fiorentino Matteo Trevisan, tennista di grande talento, ex numero uno al mondo da junior, rimasto bloccato per quasi un anno da un fastidioso infortunio ai legamenti del polso e tornato protagonista sui campi in play-it di via Fersina. Il match regala emozioni e spettacolo: il 21enne di Sarajevo, n. 274 delle classifiche mondiali e seconda testa di serie del tabellone, si aggrappa al servizio per scardinare le difese di Trevisan che tiene botta per due set, prima di cedere al terzo, quando comincia a perdere campo, in debito di ossigeno. Monegaglia gongola comunque, quello del bosniaco è un altro bel nome da inserire nell’albo d’oro, visto che Basic sarà capace di salire al numero 74 delle classifiche Atp nel 2018.
2014 Il re è ancora dei Balcani
Nel 2014 il torneo dell’Ata è preceduto dalla prova Itf che si gioca per la prima e unica volta sul veloce della Baldresca a Rovereto. Vincerà il gigante buono Luca Vanni, che all’Ata sarà costretto per via della classifica a passare dalle qualificazioni, sorpreso al primo turno da Davide Melchiorre. Riccardo Bellotti invece si ferma in semifinale, stoppato dal ceco Roman Jebavy, n. 375 al mondo e settima testa di serie. Tipo tosto il 24enne di Turnov, capace di irretire il gioco del rivale con continue variazioni di ritmo e profondità. Jebavy non riesce però a ripetersi in finale, ha perso la leggerezza dei movimenti mostrata nei turni precedenti, e il suo tennis non ha l'intensità e la continuità per fronteggiare sino in fondo l'incisività del 25enne davisman croato di Zagabria Nikola Mektic, n. 300 al mondo e prima testa di serie. Il ceco resta in partita per due set poi Mektic prende il sopravvento negli scambi. E’ la vittoria della volontà e del carattere, il croato è uno che si esalta nella battaglia, quella con il ceco è la quarta affermazione di fila al terzo set. ma oltre al sudore e allo spirito indomito c'è anche una mano sensibile e abile, tanto con le corde della racchetta quanto con quelle della sua chitarra rock, con cui si diletta brillantemente. Mektic si toglierà qualche bella soddisfazione in doppio, tra cui una semifinale a Wimbledon nel 2017 e una nell’ultima edizione del Roland Garros, issandosi al numero 15 delle classifiche mondiali di specialità.
2015 Giubba Rossa Bester
Il 2015 consacra il tennis muscolare e la tempra rocciosa del canadese Philip Bester, nel 2006 era stato finalista junior al Roland Garros, dopo essersi formato all’Accademia di Bollettieri, ma non ha saputo mantenere le premesse. All’Ata trova verve e motivazioni, mette fuori al secondo turno Riccardo Bellotti, doma con sicurezza in semifinale il bielorusso di Minsk Dznitry Zhyrmont, secondo favorito del seeding e n. 296, e in finale disinnesca con il suo affilato beck di rovescio il talento delicato del giovane francese Quentin Halys. In semifinale sbarca anche l’italo-croato Viktor Galovic, futuro cannibale degli Open di Capodanno trentini, piegato proprio da Halys.
2016 Allez la France
Da un francese all’altro, dal buon Quentin che sta ancora provando a ritagliarsi faticosamente il suo spazio, (è numero 156), a Gregoire Jacq, transalpino di Clermont Ferrand, che di strada ne farà poca, ma non si lascerà sfuggire l'occasione sui campi di via Fersina per scrivere il suo nome nell’albo d’oro del torneo. Il grande favorito dell'edizione 2016 è Riccardo Bellotti, ma nemmeno stavolta il 23enne di origini rivane, che pure a settembre era riuscito a ritoccare il suo best ranking, issandosi al numero 221 delle graduatorie Atp (ora è numero 276), è capace di sfatare il tabù Ata, un torneo che continua a restituirgli più delusioni che soddisfazioni. Cade nell’imboscata tesagli dal 20enne tedesco di Norimberga Johannes Haerteis, numero 731 al mondo, un buon doppista che segue con coraggio il suo istinto di attaccante puro. Stupisce anche il giovane brissinense Joy Vigani che supera le qualificazioni e raggiunge il secondo turno, ultimo azzurro ad arrendersi. Ammainata la bandiera italiana, sul pennone dell’Ata sventola più forte che mai il tricolore francese, i transalpini fanno l’en plein portando tutti e quattro i propri rappresentanti ai quarti. In finale sbarca Jacq dopo aver rovesciato il pronostico nel derby con il 19enne Hugo Grenier, di fronte si ritrova l’intruso tedesco Dominik Boehler, un tennista svelto, dotato di una palla poco pesante, ma di uno straordinaria mobilità, sbucato dalle qualificazioni. Il match decisivo però non riserva sorprese, è un monologo del mancino transalpino, un metro e ottanta di muscoli esplosivi, e tanta buona tecnica dietro la simpatica zazzera bionda. Tradito da un pizzico di inevitabile emozione, alla prima finale della sua carriera, il buon Dominik finisce per farsi risucchiare dalla tensione e dalla fatica accumulata nelle tante battaglie sostenute in settimana.
2017 Viola, Bellotti e la maledizione Ata
Riccardo Bellotti non molla la presa e ci riprova nel 2017, ma la macumba non si spezza e il rivano va nuovamente fuori al primo turno, stavolta per mano del bulgaro di Plovdiv Dimitar Kuzmanov, numero 489 al mondo. Gli appassionati locali provano a consolarsi con il lituano Laurynas Grigelis, numero 270 delle graduatorie Atp, pure lui da qualche stagione in forza all’Ata. Classe 1991 Grigelis ha chiuso un buon 2016 con cinque titoli Itf e una finale a novembre nel Challenger di Brescia, sconfitto solo da Vanni. E’ arrivato nel nostro paese poco più che adolescente nel marzo del 2004, con una racchetta in mano, qualche vestito infilato nella valigia e tanti sogni. Partito da Klaipeda pittoresca città affacciata sul mar Baltico e sbarcato a Cividino, piccolo borgo di quattromila anime al confine della provincia bergamasca. Tra inevitabili alti e bassi, un best ranking al numero 183 raggiunto nell’estate del 2012, ha aperto l’anno con la positiva esperienza in Davis con la maglia della Lituania, conquistando i tre punti, due in singolo e uno in doppio, che hanno consentito alla formazione baltica di superare in casa 3-2 il Madagascar. Si ferma ai quarti, imbavagliato efficacemente dal 29enne mestrino Matteo Viola, ex numero 118 al mondo, scivolato lontano in classifica dopo qualche stagione in chiaro scuro, ma capace di ritrovare consapevolezza e fiducia nell’arco di un torneo, cominciato da lontano, dal tabellone delle qualificazioni. Pensare che il veneto si era iscritto in Messico, poi la vittoria in doppio nell'ATP Challenger 75.000 di Tempe, in Arizona, in coppia con Walter Trusendi, lo ha costretto a modificare i suoi piani. Così ha preso il telefono e composto il numero del presidente Renzo Monegaglia che volentieri gli ha riservato una wild card per il torneo di qualificazione. Fiducia ripagata alla grande, con una settimana da protagonista. In finale deve piegarsi anche un regolarista solido e roccioso come il francese Yannick Jankovits, giocatore dal fisico asciutto e scattante, quasi da climber. Ma il successo è rinviato solo di dodici mesi.
2018 Il signore in Grigio
Profeta in casa Laurynas Grigelis lo diventerà dodici mesi più tardi, quando conquisterà per la prima volta il torneo Itf dell’Ata. La prova trentina apre ancora una volta la lunga stagione italiana dei Futures, ma ha ritoccato il montepremi passando da 15mila a 25mila dollari. Grigelis è ormai un tennista nel pieno della maturità, ha imparato quanto sia difficile riuscire a gestire la pressione, il carattere forte lo ha aiutato a riannodare i fili con pazienza e tenacia, è risalito al numero 281 e si è presentato a Trento nelle migliori condizioni di forma. E’ senza dubbio il protagonista più atteso e il Grigio, come lo chiamano gli amici, non tradisce macinando avversari e regolando in finale con la stessa glaciale sicurezza anche l’austriaco Maximilian Neuchrist, classe 1991 e numero 369 al mondo, mina vagante di un torneo che l’ha visto giustiziare all’esordio il principale favorito del tabellone, il milanese Andrea Arnaboldi, e trafiggere in semifinale il toscano Luca Vanni.
2019 Il Diavolo rosso
E’ l’edizione di Jannik Sinner. E’ il protagonista più atteso e non tradisce emozioni. Il battesimo è di quelli davvero tosti, sfibranti, ma il 17enne di San Candido si scompone appena, ha un temperamento talmente forte, quasi granitico che gli permette di riemergere più volte all’interno di un match che è come un lunga e intensa corsa sulle montagne russe e alla fine piegare il gigante francese Albano Olivetti, 27enne di Haguenau due metri e zero tre di altezza, ottava testa di serie del tabellone e numero 432 della classifica mondiale. Vittoria della sofferenza e pass per il secondo turno per la gioia dei tantissimi appassionati che nel pomeriggio hanno affollato le tribune del circolo cittadino. Sinner era la principale attrazione del torneo trentino, e ha rispettato il ruolo alla grande, nonostante il peso che inevitabilmente si portava sulle spalle dopo aver vinto la settimana prima il Challenger di Bergamo. Aggirato lo scoglio iniziale è una cavalcata entusiasmante verso la finale con il bavarese Jeremy Jahn, finale che manda in estasi gli oltre seicento appassionati dell’Ata. Tutti qui per lui. Jannik il rosso centra il suo primo titolo Itf dopo un’ora e ventitré di gioco, e di un tennis che tocca a tratti vette elevatissime. La palla gli scorre che è una meraviglia, e per un set Jahn fatica ad arginare l’aggressività del 17enne di Sesto, anche perché il rosso non gli dà mai punti di riferimento. Il tedesco prova a ribellarsi all’inizio della seconda frazione, quando Sinner allenta per un attimo la presa, si prende un break di vantaggio e sale 2-0, ma l'altoatesino reagisce immediatamente, ricuce lo strappo e rimette la testa avanti. Ha bisogno di un piccolo aiuto del 27enne bavarese, ex numero 197, che sul 3-3 manca tre palle break, la terza mandando il diritto in corridoio a campo libero. Sinner incamera con il solito apparente distacco il regalo, ed esibisce quella straordinaria capacità di alzare il suo livello di gioco quando serve, torna avanti 5-4 e fiuta il momento, anche quando Jahn è avanti 40-15 sul suo servizio, spinge due risposte al massimo e mette in un angolo il tedesco che finisce quasi inevitabilmente fuori giri nel tentativo di forzare lo scambio. Gli errori di misura di Jahn spingono l’altoatesino al traguardo, il secondo match point è quello buono per chiudere la contesa. “Non è stata una vittoria facile - ammette Jannik a fine partita - perché lui spingeva molto forte”. Non abbastanza visto che la palla spesso gli ritornava ancora più veloce e profonda: “I campi sono rapidi, la palla corre da sola” sembra quasi giustificarsi il rosso. Undicesima vittoria di fila, inarrestabile. “Adesso però mi fermo - sorride con candore - mi riposo qualche giorno a casa, devo anche pensare alla scuola.” Applaudono convinti anche Roberto Failoni, Assessore all’artigianato, commercio, promozione, sport e turismo della provincia di Trento, in passato buon tennista, Paola Mora, presidentessa del Coni e Marcello Russolo presidente della Fit trentina, presenti alla finale. Grazie a questo successo, Jannik incassa 3.600$ di montepremi e tre punti ATP, che nella classifica mondiale lo porteranno da lunedì al 322esimo posto della graduatoria mondiale. Il tennis italiano intanto comincia a sognare, come non farlo con un ragazzo così.
2020 La prima volta di un belga all’Ata
Ruben Bemelmans vince in rimonta la sedicesima edizione del torneo Internazionale che ha adottato la denominazione di "Trentino Cup", piegando la rivelazione austriaca Alexander Erler. E’ l’uomo di ghiaccio, il 32enne mancino di Genk, numero 226 delle classifiche mondiali, ma con un best ranking al numero 84, raggiunto nel 2015, non ha mai tremato nemmeno quando si è trovato indietro di un set con il possente 22enne di Innsbruck, numero 544 della graduatoria Atp, un metro e novantatré di altezza, servizio e diritto esplosivi. Ha semplicemente alzato la soglia dell’attenzione e il livello del suo tennis, aggiustando i passanti, affilando il rovescio con i quali ha lavorato ai fianchi il suo avversario. Erler era stato bravo a sfruttare l’unico piccolo passaggio a vuoto del belga e a togliergli il servizio proprio nel decimo gioco del primo parziale per incamerare il primo set. Bemelmans però non si è scomposto, ha tenuto i piedi vicini alla riga di fondo e ha cominciato ad aprirsi più angoli e a trovare più spazi dove infilare i suoi colpi. Ha brekkato subito in apertura di secondo set l’austriaco, quindi sul 2-2 del terzo, con la solita chirurgica precisione, ha piazzato un paio di micidiali risposte strappando nuovamente la battuta al rivale. Qui si è deciso anche il match, il belga è salito sul 4-2 e con i successivi due turni al servizio ha chiuso il discorso dopo due ore e venti di gioco, senza mai dare una reale chance al tirolese per rientrare in partita. Per il tennista fiammingo, che sabato si era aggiudicato anche il doppio in coppia con il tedesco Daniel Masur, si è trattato del secondo titolo Itf del 2020 dopo quello di Nussloch, in Germania, il 15esimo in carriera, al quale vanno aggiunti i cinque successi in tornei Challenger.
2022 Un teutonico sul tetto dell’Ata
Dopo un anno di stop per il Covid, sul trono mondiale dell'Ata Battisti si arrampica per la prima volta un giocatore tedesco, il 23enne di Amburgo Marvin Moeller, attuale 441 del ranking Atp. Pressing a tutto campo e tante soluzioni di gioco, Moeller impugna si dall’inizio con forza la sfida decisiva con il coetaneo ceco Petr Nouza, la sorpresa della manifestazione, lui che naviga oltre la 900esima posizione al mondo. Il tedesco è arrivato all’Ata cavalcando l’onda emotiva del successo nell’Itf di Oberhaching, è in palla e la sua robusta fibra agonistica gli consente di innescare sin dall’inizio il suo tennis offensivo. Deve superare un solo vero momento di difficoltà, nei quarti, con il connazionale Tim Handel che si prende un set di vantaggio e tiene a lungo l’iniziativa nel secondo parziale. Moeller però non molla mai la presa, resta lucido nel momento chiave e riemerge di forza alla distanza, sfruttando le sue doti di contrattaccante. Tosto dietro, terribilmente concreto a rete. Piegato Handel, travolge il favorito ceco Paulson e vola in finale. Da padrone.
2023 Sigillo elvetico
L’Ata non delude nemmeno stavolta. Nell’edizione della maggiore età, la numero diciotto, il torneo si regala una finale bella, intensa e spettacolare. Maggiore età che fa rima con maturità, il torneo internazionale organizzato con la solita cura e dedizione dal circolo di via Ghiaie, ha offerto uno spettacolo all’altezza delle aspettative e forse oltre, infilando nel già ricco albo d’oro della manifestazione un altro nome di prospettiva e di grande interesse. E’ quello dello svizzero Jerome Kym, classe 2003, numero 445 al mondo, un predestinato a giudicare dai risultati giovanili, campione elvetico under 16 e 18, finalista a 17 anni ai campionati nazionali, battuto solo da Henri Laaksonen, il più giovane in assoluto del suo paese a debuttare in Coppa Davis, a soli 15 anni, in doppio al fianco dello stesso Laaksonen, contro la Russia di Donskoy e di un certo Andrey Rublev. Ma anche un talento promettente, in possesso di un tennis esplosivo che ha frantumato le difese del principale favorito della prova il 24enne Alastair Gray, numero 303 al mondo (era salito al 237 lo scorso settembre), londinese di Twickenham che poteva vantare, oltre a 5 titoli Itf, anche un secondo turno nell’ultima edizione dei Championship: in tabellone grazie a una wild card aveva battuto all’esordio sull'erba di Wimbledon il tennista di Taipei Tseng Chun-hsin, (n. 83), prima di cedere all’americano Taylor Fritz. La sfida decisiva è rimasta in equilibrio per un set, Gray è partito deciso, subito avanti di un break, ma Kym è risalito con la risposta e il servizio. Il britannico ha salvato un set point sul 4-5, poi non è riuscito a concretizzarne uno a suo favore avanti 7-6 nel tie-break, cancellato con coraggio dal giovane svizzero, bravo a rovesciare definitivamente l’inerzia degli scambi. Kym ha incamerato il primo parziale, sfruttando l’onda emotiva per scappare subito sul 2-0 nel secondo set, vantaggio poi difeso con sicurezza. Per il tennista di Mohlin si tratta del primo titolo in carriera, ma è anche la prima volta che uno svizzero s'impone qui all’Ata.