Ale Fronza nella storia: è sua la Coppa Lambertenghi
Cuore, determinazione, coraggio. E tanta qualità. Con queste doti si può anche riscrivere la storia. E’ quello che ha fatto Alessandro Fronza, ragazzino di Caldonazzo che gioca e si allena al Ct Levico. Capace di infilare il proprio nome nell’albo d’oro della Coppa Lambertenghi, il torneo giovanile più ricco di fascino e di storia tra quelli che assegnano un titolo tricolore. Non fosse altro che per la cornice, suggestiva e affascinante come lo sono i gloriosi campi del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa. Primo ragazzino trentino a imporsi in 81 edizioni di una manifestazione nata nel 1939 per iniziativa della Gazzetta dello Sport. Conquistata allora dal pariolino Sabbadini, in finale sul roveretano Comperini. Altri tempi, altre immagini impolverate, celebrate adesso da un’impresa che va oltre anche quella di Cecilia Berti, 15enne studentessa del Prati di Trento, che vinse qui nel 1951. Dopo il successo in doppio di sabato, Fronza ha coronato la sua magica settimana milanese piegando, 6-3 1-6 6-4, dopo due ore e trenta di strenua lotta Axel Cremonini, bolognese di San Giovanni in Persiceto, nella finale che assegnava il titolo individuale riservato agli under 12. Contro lo stesso giocatore con cui sabato aveva conquistato il titolo di doppio, nella sfida con Bruno Giovanni Condorelli ed Edoardo Ghiselli, regolati con il perentorio punteggio di 6-1 6-3.
Due scudetti in uno, quello di singolo bello e appagante, intenso come il match che ha deciso il torneo. Sono tanti i meriti del valsuganotto, seguito a Milano da Tommaso Pederzolli e dal suo maestro Matteo Gotti. Ha saputo attingere a tutte le sue risorse caratteriali per emergere con pazienza dai lungi e intensi scambi a cui lo ha costretto spesso il suo tenace avversario, ed è stato sempre pronto ad alzare il livello di gioco nei momenti più importanti. Con personalità e decisione, senza paura di venirsi a prendere qualche punto importante a rete, mostrando di saper unire sensibilità e spinta. Il match ha faticato a prendere una direzione precisa, ma Fronza è riuscito a portarlo dalla sua parte quando serviva. Il nostro è partito bene, subito in testa 4-2, è stato bravo a cancellare tre opportunità del possibile 4-4, risalendo da 0-40, e a incamerare di forza il primo set, poi non si è smarrito quando Cremonini è rientrato rabbiosamente in partita nel secondo, ed è scattato avanti nella terza e decisiva frazione. Qui Ale ha saputo riassorbire al meglio un piccolo passaggio a vuoto, ha sventato una pericolosissima palla del 2-4, prima di riprendere con decisione il comando delle operazioni, e chiudere il confronto alla prima occasione. Più bello di così.
I risultati - Quarti: Fronza b. Bozzanga 7-6(4) 6-0 - Semifinali: Fronza b. Condorelli 6-1 6-0 - Finale: Fronza b. Cremonini 6-3 1-6 6-4
Nella storia
La Coppa Porro Lambertenghi era stata ideata dalla "Gazzetta dello Sport" nel lontano 1939, con l'intento di divulgare il tennis tra le giovani leve. Erano tempi in cui senza scuole e palloni la stagione nel nord Italia durava al massimo da aprile a ottobre e quando si parlava di giovani ci si riferiva a ragazzoni di 17 o 18 anni. Il Tennis Club Milano del conte Alberto Bonacossa aveva raccolto con entusiasmo l'iniziativa della rosea e offerto la possibilità che le finali si disputassero sul campo centrale del glorioso Club milanese, fondato nel 1893. Il torneo venne subito intitolato al marchese Gilberto Porro Lambertenghi, ufficiale di cavalleria caduto nel 1917 durante la prima guerra mondiale e decorato con medaglia al valore, grande amico del conte Alberto Bonacossa che già gli aveva dedicato il nuovo Campo Centrale del Tennis Club di via Arimondi. Nel 1939 la manifestazione era riservata agli under 18, a partire dal 1947 il limite di età dei partecipanti fu abbassato a 16 anni , quindi a 15 dal 1956, a 13 dal 1963, sino agli attuali 12 dal 1976.
L'albo d'oro
Scorrendo l’albo d’oro della manifestazione si scorgono illustri sconosciuti, ragazzi carichi di promesse che si sono persi e poi talvolta ritrovati nel lungo percorso verso il professionismo. Accanto a tanti buoni comprimari del nostro tennis nazionale, infilati qua e là si scorgono anche tennisti più noti e apprezzati come Roberta Vinci, Gianluca Rinaldini, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, lo sfortunato Federico Luzzi, Potito Starace. Nel lungo elenco dei vincitori del torneo compaiono anche cinque altoatesini, la pusterese Maria Teresa Riedl che si aggiudicò l’edizione del 1953, la bolzanina Irma Obexer (1961), Luca Dallapiazza (1985), e i caldaresi Giunior Ghedina (1994) e Thomas Holzer (1995).
Prima di Fronza in questo albo albo d’oro figuravano due soli nomi trentini, quello di Cecilia Berti che vinse l’edizione del 1951 e quello di Deborah Chiesa che qui si aggiudicò il titolo di doppio con l'inseparabile Giulia Pairone, torinese di Moncalieri, con la quale sarà campionessa per altri due anni di fila, a livello di under 13 e under 14.
Nel 2007 si impose Chiara Quattrone, ragazza milanese che per un paio di stagioni giocò per il Ct Arco insieme a Viola Lorenzi. Ma nella storia di questa prestigiosa manifestazione entra a pieno titolo pure Mario Comperini, che fu qui finalista proprio in occasione della prima edizione del torneo disputato nel luglio del 1939.
Mario Comperini
Roveretano, classe 1920, Comperini è una delle promesse del tennis nazionale, e a inizio stagione è stato ingaggiato proprio dal Tennis Club Milano. Talento natuale, Comperini non fatica troppo a raggiungere la finale della prima Coppa Lambertenghi della storia, dove ad attenderlo c’è il pariolino Roberto Sabbadini, figlio quattordicenne di Riccardo, campione italiano nel 1920 e nel 1923. E’ la sfida tra i favoriti della vigilia: due giocatori che hanno nel rovescio, portato con grande eleganza e apparente facilità, il loro punto di forza. Sabatini è istrionico e geniale, tatticamente più abile e accorto e sul campo si muove come un gatto, Comperini, lineamenti mediterranei, fisico possente, invece è un istintivo che si spinge sempre all’attacco. Il suo è un tennis d’assalto alla baionetta spesso imprevedibile, con palle azzardate, mezze volate che il più delle volte lo espongono incautamente ai passanti avversari. In finale le traiettorie precise del romano non perdonano, dopo un avvio equilibrato Sabbadini ingabbia il trentino e fa sua la prima Coppa Lambertenghi. Per Comperini sembrano spalancarsi comunque le porte di una brillante carriera, raggiungerà la seconda categoria e la finale dei campionati nazionali di Torino nel 1941. Dovrebbe passare prima categoria, non lo frena solo una vittoria mancata a settembre nel torneo di Merano quanto piuttosto l’incalzare tragico degli eventi. Non ci sarà più tempo per inseguire i sogni, Mario deve arruolarsi in Marina, resterà a Roma scansando fortunatamente le bombe. Scambierà pure qualche palleggio con il Duce nel giardino di Villa Torlonia, ma finita la guerra nulla sarà più come prima.
Cecilia Berti
Giovane studentessa del Liceo Classico “Prati”, Cecilia Berti sarà l’unica tennista della provincia a inserire il suo nome tra quello delle vincitrici della prestigiosa Coppa Porro Lambertenghi che si gioca sulla terra rossa del Tc Milano. Cecilia ha 16 anni e un tennis da autodidatta. Spinge poco con il diritto, “una tragedia”, lo definisce, ma il rovescio è preciso ed efficace, molto redditizio soprattutto quando tira il lungolinea disorientando le rivali. Al Bonacossa aveva giocato anche l’anno prima, dopo aver vinto la fase regionale, ma si era dovuta subito arrendere al gioco brillante della ligure Rosanna Brayda, poi trionfatrice. Si è imposta nuovamente nel torneo regionale ed è arrivata a Milano più consapevole e sicura dei suoi mezzi. Ha carattere da vendere e si vede, ma soprattutto gioca con un’attenzione che impressiona e che la porta a non sbagliare mai una palla facile, a restare sempre lucida nei momenti caldi, quando le altre invece si disuniscono. Fatica un po’ a piegare nei quarti la tenace modenese Carla Druini, 9-7 il secondo set, approfitta delle incerte condizioni fisiche della sanremese Fiorenza Zappa, e si presenta in finale per affrontare la favorita aquilana Rossana Bon. Si gioca di mattina, il protrarsi della finale di doppio, nega alle due giocatrici la soddisfazione e l’onore del centrale, “Ceci”, come la chiamano gli amici del Tennis Trento, ha i capelli corti e un tenero golfino addosso che la fanno sembrare poco più che un’adolescente. In campo però non fa una piega, fredda e composta nei movimenti, Cecilia nervi di ferro come è stata ribattezzata, ribatte colpo su colpo mentre l’emozione sembra quasi attanagliare la sua rivale che continua a guardarsi intorno con l’aria un po’ smarrita. Cecilia domina il primo set 6-2, e poi resiste al tentativo di reazione della trepida Bon che alla fine si arrende 6-4. “Paura di vincere contrapposta all’olimpica tranquillità della Berti”, racconterà poi Luigi Gianoli sulle pagine della Gazzetta dello Sport. Il più ambito premio nazionale in ogni caso viene meritatamente consegnato alla trentina. Cecilia non diventerà una campionessa, “papà voleva che studiassi” racconterà poi con timido pudore. Sui campi di S. Martino di Castrozza, dove tra gli anni Cinquanta e Sessanta si giocava un importante torneo di seconda, conoscerà il futuro marito, l’avvocato di Este Piergerardo Trombaiolo, poi trasferitosi a Bologna. Il tennis finirà per trasformarsi presto in un piacevole hobby coltivato nei i pomeriggi trascorsi nell’elegante cornice del Tennis Club Bologna.