Giorgio Torta: ricordo di un grande dirigente
Per molti gli anni Sessanta furono l’inizio di ogni cosa. Moda, musica, atteggiamenti, ambizioni, voglia di vivere. La zazzera dei Fab Four, la carica trasgressiva dei Rolling Stones, le minigonne di Mary Quant, i vestiti leggeri e colorati. Soffia un vento impetuoso che travolge ogni cosa, costumi e consumi, culture e ideologie. Rabbia e speranza a passo di rock e di juke box. Lasciati alle spalle i repressivi e soffocanti anni Cinquanta, dimenticata l’austerity del dopoguerra, adesso c’è voglia di benessere, e di diritti. Gli anni Sessanta cambiano il volto dell’Italia, si apre l’età delle illusioni, il sogno di una nuova vita. Anche nel piccolo mondo tennistico di piazza Venezia c’è il nuovo che avanza. Sta varcando i cancelli del circolo, si chiama Giorgio Torta, e anche il suo arrivo avrà l’effetto di una rivoluzione. Dai confini più esigui naturalmente, ma capace di scuotere nel profondo un ambiente, che pareva pigramente adagiato su stesso. Dirigente innovatore e rinnovatore, classe 1920, avrebbe compiuto cent’anni in questi giorni. Il tennis trentino gli deve tanto.
CASA DEL CAFFE’ - Torta è il procuratore di una grossa ditta veneziana, quella dei Facco che importano caffè dal Brasile. I Facco sono anche proprietari di alcune caffetterie, a Bologna, Merano e Trento. In città la torrefazione di via S. Pietro ha una storia antica, che risale all’inizio del secolo, quando sventolava ancora lo stemma imperiale asburgico. Succede che i Facco hanno i magazzini pieni quando il prezzo crolla per le solite questioni di sovrapproduzione e speculazione, così sono costretti a cedere l’attività e a trasferirsi in Brasile. Il titolare propone a Torta di seguirlo oltreoceano, Giorgio ne parla alla moglie Mariella, ma lei non si fida dell’indole avventuriera del personaggio. Meglio puntare su uno dei rami d’azienda, bilanci alla mano quello trentino pare il più solido. Torta ha un diritto di prelazione, lo fa valere e nel 1958 rileva la Casa del Caffè. Gestita ancora oggi in maniera impareggiabile dai figli Luca e Roberta. “Abbiamo lasciato Venezia a malincuore, ma a Trento siamo stati bene - rivela Mariella - Certo non fu semplice adeguarsi alla mentalità di allora, qui se fumavo una sigaretta per la strada la gente si girava a guardarmi con l’aria severa.”
CIRCOLO - Appena arrivato a Trento cerca subito l’indirizzo del circolo Tennis, si presenta ai campi “Se avete bisogno di una mano, io sono disponibile”. “Il tennis è stato il mio grande rivale – ammicca ancora sorridendo Mariella – Quando chiamavo in negozio spesso mi dicevano che Giorgio era in succursale, un modo carino per farmi capire che stava al circolo. Ma io non sono mai stata gelosa, ognuno di noi ha avuto i suoi spazi e insieme siamo stati molto felici.” “Torta era sempre al tennis, saltava solo il giovedì, che era la giornata dedicata alla tostatura del caffè”, spiega Franco Jellici, allora dirigente dell’Ata, sezione sci, passione ereditata dal papà, apprezzato maestro di fondo. Quando arriva Torta, comincia a frequentare piazza Venezia insieme a Mario Cristofolini, Maurizio Chemolli, Giorgio Baruchelli, “Tutti forti sciatori, volevo tenere il loro passo e mi sono messo a giocare a tennis. Prima al circolo ci venivo solo a pattinare, d’inverno.” Il pattinaggio già, la prima battaglia del Torta dirigente. “Ricordo che una sera d’inverno siamo andati al tennis - racconta la moglie Mariella - era tutto illuminato, e la gente pattinava. Giorgio rimase molto colpito da questa cosa, ne parlò subito con Ghighi Sassudelli, se in primavera i campi non era mai pronti la colpa era proprio del ghiaccio. Poi si mise al tavolo per capire quanto il tennis ricavasse dal pattinaggio. I conti non tornano, mi diceva, la piastra del ghiaccio ha costi di manutenzione troppo elevati, fa ritardare l’avvio della stagione tennistica e rovina i campi, con ulteriori aggravi perché ogni anno bisogna rifare completamente il fondo in terra.” Il pattinaggio in piazza Venezia però c’è da vent’anni e nessuno se l’era mai sentita di metterne in discussione la presenza, è il più antico della città. Difficile da un giorno all’altro mettere fine a una lunga tradizione. Torta però arringa il consiglio direttivo in maniera convincente, vince tutte le resistenze, sostenuto dalla maggior parte dei soci.
CONTI E CALCI - La questione economica ha il suo peso, ma è particolarmente apprezzata pure la competenza dell’uomo, che è sempre calmo e misurato, discute senza alzare mai toni. Il passaggio successivo è l’ingresso in Consiglio. Segretario, non gli interessa la carica di Presidente. “La grande difficoltà di Torta e di Gianluigi Sassudelli che lo ha affiancato in tante iniziative, è stata quella di dare spazio all’agonismo - annota Luigi Pagnacco - I soci si lamentavano spesso per le ore rubate dai tornei, ma Giorgio ha dato una forte impronta al Tennis Trento, lo ha trasformato in qualcosa di molto simile a un circolo.” “E noi nel frattempo passavamo intere serate a imbucare centinaia di inviti per i tornei”, sorride Mariella. Torta diventa l’anima del Club. Vi si dedica con una passione e un impegno meticoloso, costante. Si occupa di tutto con l’abilità e il tatto d’un diplomatico. Ideale animatore e moderatore dell’attività. Ha l’occhio lungo e avvicinerà al tennis molti futuri bravi giocatori. Primo tra tutti Giuliano Maistri. I due si erano conosciuti su un campo da calcio, durante una partita tra scapoli e ammogliati. Giorgio aveva coltivato la passione per il calcio nei giardini del Lido, dove i suoi avevano comprato casa durante la guerra. Una necessità, perché i tedeschi avevano requisito quella di Venezia. Il calcio gli era stato proibito, ma lui nascondeva gli scarpini o le scarpe da ginnastica in un vecchio capanno per attrezzi e appena poteva correva lì a indossarli per infilarsi nel vecchio e polveroso rettangolo. Soffriva d’asma e gli era stata diagnosticata un’allergia da fieno, i genitori si erano presi un grosso spavento quando il piccolo aveva avuto un violento attacco di tosse bronchiale, e aveva rischiato di morire soffocato, salvato solo dal pronto intervento di un medico che lo aveva avvolto con un asciugamano caldo ed uno freddo. Terminata la guerra suo padre lo spinge a studiare medicina, e non chimica come avrebbe voluto lui. Finisce per abbandonare la facoltà, i libri e il calcio. Ripiega sul tennis, al Lido ci sono due campi vicini all’Excelsior, sempre ben frequentati. Ricchi aristocratici, divi del cinema e della televisione. Tutto un altro ambiente rispetto a Trento. “Il circolo? Non mi fece certo una bella impressione - ricorda Mariella - una miseria assoluta, io lo trovai triste, sporco, grigio, con un Bar poco luminoso. Non ci volli mettere piede, almeno all’inizio. Venivamo dall’Excelsior! Ma a Giorgio l’ambiente piaceva. “Contento lui” mi dissi. “Si può fare di più”, mi rispose convinto.” I coniugi Maistri sono i primi a frequentare casa Torta. Sempre aperta, sempre accogliente. Saranno assidui frequentatori anche i Taddei, insieme si dilettano con il bridge, Giorgio è un ottimo giocatore, nel 1955 vinse al Lido di Venezia un campionato nazionale in coppia con un certo Coco Selz. “Io invece facevo un po’ schifo, ma mi divertivo comunque”, ride Mariella.
SANTA ALLEANZA - Il 1972 è l’anno della Santa Alleanza tra Trento e Bolzano. L’idea era balenata nella testa di Giorgio Torta e dell’ingegnere Giuliano Salvetti, buon tennista e dirigente lungimirante. “Chiunque andava in tabellone nazionale prendeva sempre una mazzolata - sottolinea Salvetti - Abbiamo cominciato a chiederci “Ma se mettessimo insieme i migliori della regione forse le cose andrebbero diversamente. Era un periodo nel quale non c’era ancora l’abitudine di andare a prendere i giocatori da fuori”. Torta ne aveva parlato in maniera molto semplice con il bolzanino Piero Benini. Una frase buttata lì, quasi per caso, durante un Città di Trento. Tanto basta perché i dirigenti dei due circoli si ritrovino tutti seduti a un tavolo a definire l’intesa. I termini in fondo erano semplici, i migliori tennisti trentini e bolzanini avrebbero giocato sotto la stessa bandiera, il primo anno a Trento, l’anno successivo a Bolzano. Obiettivo fare più strada possibile nella Coppa Facchinetti. Basso, Lucich, Benini e Racchetti insieme a Maistri, Spagnolli, Magnani e Pagnacco, nasce così una super squadra che sfiorerà subito il titolo nazionale, sconfitta solo da Torino nella finalissima di Como. Una settimana prima della partenza Giorgio Torta va a tostare il caffè, non si sente bene, ma non vuole saperne di farsi visitare, finito il lavoro c’è da preparare la trasferta per le finali di Facchinetti e lui è il capitano. Il dolore però è forte, viene ricoverato e operato d’urgenza. Peritonite, cui si aggiunge un blocco intestinale. “Se la vede brutta”, svela Mariella. Ma firma subito per uscire. Vuole seguire la partita decisiva.
GIUDICE E PRESIDENTE - Giudice arbitro rigoroso e attento, Giorgio Torta dirigerà tante edizioni del Città di Trento, negli anni più belli. Con competenza, capace di “sfoderare all’occorrenza il pugno di ferro che solitamente nasconde sotto il guanto di velluto, per dirimere qualche controversia sul campo”, come scriverà il giornalista Ugo Zucchermaglio. Sara alla guida del Comitato Regionale insieme a Sassudelli negli anni Settanta, prima di prenderà il timone di quello trentino, dal 1983 sino al 1989. Sarà il promotore del Club Trentino Tennis, un’intuizione per riunire i migliori ragazzini della provincia sotto la guida di un tecnico nazionale, e garantire loro il necessario sostegno finanziario per i tornei extraregionali. Qualcuno storce il naso, ma Torta sa bene che la strada è quella giusta. Quando alla fine degli anni Ottanta preferirà ritirarsi dalla scena, lascerà una grande eredità. Se il piccolo tennis trentino è cresciuto tanto, molto del merito è suo.