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Agostino Spagnoli: il veterano che fece grande l'Ata

Fu come varcare un fossato. Dalla città alla periferia, dalla terra rossa ai grigi campi in cemento del neonato Circolo dell’Ata Battisti. Molti alla fine degli anni Settanta saltarono dall’altra parte, tra questi anche Agostino Spagnolli. “Al Ct Trento eravamo diventati in troppi, non si riusciva più a trovare le ore per giocare” spiegò, ma forse aveva già capito da quale parte avrebbe spirato il vento nuovo. L’Ata fu la riposta a quel processo di democratizzazione che investì anche in Trentino lo sport della racchetta, arrivò sull’onda lunga del boom economico, della corsa al benessere. Grazie ai successi di Adriano Panatta, e degli azzurri di Davis il tennis era diventato straordinariamente popolare. Sempre più persone volevano impararlo, guardarlo, discuterne, giocarci. “In quegli anni diventammo tutti borghesi. O forse avemmo l’illusione di esserlo perché adottammo gli stessi stili di vita”, si disse. Il tennis di certo contribuì ad alimentare quell’illusione.
ASFISSIA - La carenza di strutture stava frenando però ogni possibile sviluppo. “Il tennis muore d’asfissia”, scrivevano i giornali. Servivano spazi. “Noi avevamo la soluzione in mano - racconterà l’ingegnere Giuliano Salvetti, che poi fondò lo Sporting Villazzano - il progetto di una cittadella dello sport con piscine, palestre, campi di bocce e di pallavolo”. Sostenuto da artigiani, albergatori e industriali, persino dal gruppo sportivo del Provveditorato agli studi. “Dateci un  appezzamento di terreno. Al resto penseremo noi”. Non bastò a convincere le autorità, ma qualcun altro non si lasciò scappare la possibilità di un buon investimento, il Consorzio trentino di Bonifica. “Il Presidente ci disse: partiamo noi - aggiungerà Salvetti - fecero tutto da soli e lo fecero bene.” Così da una discarica sorsero nel 1976 sei campi in cemento a Trento Sud, senza spogliatoi e senza servizi. Campi che poi furono affittati all’Ata. Il decollo fu rapido, vertiginoso, nel 1980 sotto la presidenza Valduga verranno aggiunti altri cinque campi in terra rossa, accanto al prefabbricato che aveva sostituito la roulotte.

CARISMA - Agostino Spagnolli portò all’Ata la sua voglia, il suo spirito competitivo, e regalò al Circolo insieme a Giuliano Maistri i primi titoli regionali di Coppa Italia, i primi trionfi nei campionati veterani. L’Ata cominciò a crescere grazie ai vecchi campioni cittadini, che avevano ancora tanta classe e tanta personalità. Risorse che dirigenti lungimiranti come l’attuale presidente Renzo Monegaglia fecero fruttare. Quella di Spagnolli è la storia di un uomo riservato e tenace, a volte un po’ scostante e irritabile, ma al tempo stesso fedele alle sue scelte. L’Ata fu una di queste.“Non era un tipo semplice - dirà di lui Gigi Pagnacco - scorbutico all’apparenza, ma una volta superato il primo momento si rivelava un gran compagnone. Aveva una tecnica superiore agli altri, ed era un perfezionista, amava il gesto pulito e preciso.” Classe 1933, Spagnolli aveva scoperto il tennis alla fine degli anni Quaranta, in piazza Venezia, come tanti. Trascorreva interi pomeriggi al circolo per giocare a ping-pong, il tennis in realtà lo attirava poco, almeno all’inizio. Carlo Braito, bravo dirigente del circolo, ci aveva messo poco a intuire le potenzialità di quel ragazzetto allampanato, dal carattere insofferente. E lo convinse a insistere. “Purché non si sappia in giro”, fa sapere lui, il tennis non aveva ancora perso la fastidiosa etichetta di gioco da signorine. Agostino ha 17 anni e in testa, come tanti, ha solo il pallone. Più che la “generosa propaganda”, sono i modi energici del buon Braito a dargli la spinta per prendere il tennis più seriamente.
PROTAGONISTA - E’ subito protagonista nei tornei giovanili, e conquista il titolo regionale juniores battendo in finale il bolzanino Rosanelli. “E’ riuscito a domare i suoi nervi – osserva il cronista – è certamente il migliore, giovanissimo ma già in possesso di un gioco completo, diritto, rovescio, smorzate e volée”. In piazza Venezia si allena spesso con il conte Sizzo che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice. ”Portava una cassettina di chinotti, e li metteva in palio; per noi che eravamo abituati a bere solo acqua, era un bello stimolo”. Lo mandano a Merano dove la Federazione Italiana organizzava ogni anno un raduno collegiale al quale venivano invitati i giovani segnalati dai vari comitati regionali. Il mese trascorso a Merano insieme a coetanei del valore di Nicola Pietrangeli, Michele Pirro, Carlo Giauna, Sergio Jacobini o Mino Bonaiuti, tutti futuri prima categoria, non fu un’esperienza propriamente allegra. “Facevamo tanta tecnica, ricordo che il maestro mi costringeva a giocare con il braccio steccato perché secondo lui lo piegavo troppo per fare il rovescio. In trenta giorni non credo di aver colpito nella maniera giusta una sola palla, visto che continuavano a riprendermi su tutto. Alla fine però c’è stato il campionato nazionale juniores e sono arrivato in semifinale.” Vinse Pietrangeli, per la cronaca.
COMPAGNI - E’ la punta di un promettente gruppo di juniores. Claudio Pegoretti, anche lui viene da una famiglia non abbiente, porta dei grossi di calzini di lana fatti a mano dalla madre, ha una palla leggera, ma possiede colpi eleganti e precisi, Franco Merz, piccolo e modesto, gli hanno affibbiato il nomignolo di “topo”, ha una tenacia di ferro e in campo si muove rapido, Paolo Apollonio, lungo e biondo figlio di un albergatore cortinese, eccellente sciatore, e Silvio Pretto, che ha una padronanza approssimativa dei colpi, da autodidatta, ma doti atletiche non comuni, uno scatto e una potenza nell’allungo che gli permettono di sopperire agli evidenti limiti. “Era un osso. Arrivava sempre sulla palla, e poi in un modo o nell’altro riusciva a buttarla dall’altra parte della rete”. “Il tennis? Se c’era da correre mi piaceva qualsiasi sport”, confesserà lui. “Eravamo tutti innanzitutto degli ottimi atleti - sottolinea Spagnolli - Merz in particolare era velocissimo, correva i cento metri in dieci secondi netti. Colpiva solo di diritto, ma si muoveva così rapidamente sul campo che era quasi impossibile fargli giocare un rovescio. Il padre aveva un’officina, e una volta venne al circolo con una topolino, quando noi giravamo ancora in bicicletta.” Metterà in piedi con il fratello Paolo l’Autoscuola Alpi. Spagnolli e compagni arriveranno a un passo soltanto dalla finale della Coppa Bossi, il campionato nazionale a squadre di categoria, fermati dal Tc Milano. E’ il 1950, accanto all’articolo che celebra i nostri, un piccolo trafiletto sul giornale riporta un altro inatteso successo, quello dell’Uruguay nella finale dei mondiali di calcio in Brasile.

BENVENUTO - Passano tutti di categoria, ma Agostino guarda già altrove. “Un giorno ero seduto sulle tribune del circolo, arriva Fiorino Benvenuto, il titolare della Grundig, e mi chiede se ho finito di studiare. Rispondo di sì. E cosa vuoi fare adesso? Voglio lavorare, gli dico.” Iniziai così dal magazzino, poi passai in ufficio, e quello fu un momento terribile.” Da un giorno all’altro il tennis passa in secondo piano “Non guadagnavi. Non ti dava garanzie per il futuro. Solo il calcio poteva offrirti delle prospettive economiche a quei tempi. La vita era piuttosto difficile, avevamo poco o niente e il centro del problema era sopravvivere. Se non ti trovavi un lavoro dovevi inventartelo. Io ho colto l’occasione al volo e ripreso a giocare dopo i trent’anni, quasi per caso, dopo essermi sposato. Non ho mai avuto rimpianti, e poi che cosa avrei mai dovuto rimpiangere?” Fiorino e il fratello Augusto invece animeranno generosamente negli anni Sessanta la vita del circolo. Avevano scoperto da qualche anno il tennis e se ne erano ammalati. Restavano in campo per ore e giocavano con chiunque fosse disponibile. Avevano soldi da investire e da spendere. Il padre Giuseppe lavorava in Germania come operaio, e lì avevano notato un nuovo modello di apparecchio radio della Grundig. Ne avevano chiesto subito la rappresentanza per l’Italia, l’azienda si era detta disponibile a patto che vendessero subito un grosso quantitativo di merce. Chiesto e ottenuto un prestito alla Banca Commerciale di via Oriola, Augusto ci aveva messo poco a riempire un camion e a piombare a Trento. In pochi giorni lo aveva svuotato e si era garantito la concessione esclusiva per la vendita degli apparecchi in Italia. Proprio nel momento in cui la radio stava diventando un bene di largo consumo. Spagnolli invece tornerà a giocare negli anni Settanta, senza aver perso lo smalto dei giorni migliori. Sarà finalista in Facchinetti con il Ct Trento nel 1972, è diventerà uno dei più forti veterani d’Italia con l'Ata, tricolore nel 1989 a Cervia dopo aver battuto il grande Beppe Merlo in semifinale e Giuliano Maistri in finale.

Autore
Luca Avancini

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