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Luca Volpe: quarant'anni di Ata

Nessuno può incarnare meglio di Luca Volpe l’anima e lo spirito dell’Ata Battisti. Il circolo nato al limite della città, un confine che è stato frontiera, demarcazione, punto estremo della piccola galassia del tennis trentino. Volpe ha trascorso quarant’anni tra questi campi, si può dire che ne ha respirato l’aria per una vita intera. Ha visto il circolo crescere, trasformarsi, cambiare volto, diventare con il tempo, con l’impegno e la dedizione dei suoi dirigenti il principale punto di riferimento del movimento provinciale. Lui ha posato i primi mattoncini, creato la prima scuola tennis all’inizio degli anni Ottanta. “Abbiamo cominciato con sette ragazzini”, ricorda. Oggi sono oltre un centinaio quelli che si allenano e si divertono ogni giorno. Con la fine del lockdown il tennis si è riscoperto uno sport vincente, sicuro e attraente. “Facciamo fatica a soddisfare tutte le richieste per le colonie estive”, conferma, scrutando i campi affollati. Non stupisce che sia sempre qui, ad organizzare corsi e attività, consigliere prezioso del presidente Renzo Monegaglia. Tranquillo e rassicurante. I capelli si sono tinti di grigio, ma il fisico è ancora atletico e giovanile, mentre il tempo ha provveduto a smussare certi lati spigolosi del carattere. Qualcuno gli rimproverava di sorridere poco, ma quella serietà in fondo era la sua cifra, il desiderio di calcolare ogni dettaglio, nella vita come nel tennis. Valori trasmessi ai figli Davide ed Emanuele, diventati a loro volta ottimi giocatori. Emanuele, anche eccellente insegnante.

INIZI - Volpe aveva cominciato impugnando una racchetta di legno da ragazzino sui campi del suo paese, a Pergine: “Giocavo a calcio, ma ai miei genitori non piaceva - racconta - mi fecero provare il tennis e mi appassionai subito.” Si mette in luce a sedici anni al Città di Trento, Marcello Taddei presidente del Ct Trento ne apprezza il carattere e la voglia di lottare. “Mi chiese se volevo venire a giocare in piazza Venezia, accettai. Scendevo a Trento solo la domenica per i campionati a squadre, durante la settimana mi allenavo a Pergine, con qualche socio disponibile. Non c’era ancora una vera e propria scuola agonistica. Ricordo di aver fatto solo un breve corso estivo a Levico con Bruno Caumo.” La meglio gioventù però è tutta lì, oltre a Volpe ci sono il roveretano Fabio Eccher “l’unico seguito a un certo livello”, Andrea Casari e il rotaliano Mauro Mendini. “Nessuno mi ha mai insegnato come giocare, l’imitazione era il miglior modo per apprendere, tentando di copiare gli altri. Il maestro di allora, Di Biasi, aveva talento, ma un carattere poco accomodante. Se avevi un problema ti rispondeva di lasciar perdere e di provare qualcos’altro. Non era paziente, né con gli adulti, né tantomeno con i ragazzi. Caumo invece possedeva un grande carisma.” Il 1979 è l’anno della maturità, Volpe batte Eccher nella finale dei campionati provinciali juniores sui campi dell’Hotel Sorriso a Levico. Il titolo maggiore va all’intramontabile Giuliano Maistri, ha 49 anni, ma è un osso ancora troppo duro per i più giovani. Insieme vincono il titolo del doppio. “Maistri e Spagnolli erano gli unici al circolo che davano un po’ di confidenza a noi ragazzi. Agostino mi ripeteva spesso: hai un diritto da prima categoria e un rovescio da non classificato. Era il suo modo per incoraggiarmi.” Vittorio Torta fa sua la prova riservata agli enneci, piegando la resistenza del valsuganotto Piccoli, che ha sorpreso tutti con una racchetta mai vista. E’ il frutto di una geniale intuizione di un certo Howard, ha il piatto corde più grande, qualcuno l’ha definita utile solo per colare gli spaghetti o acchiappare le farfalle, ma la Prince ne aveva intuito le enormi potenzialità, capito che quel racchettone avrebbe presto aggiunto una nuova dimensione al gioco del tennis. E si sarebbe rivelato un affare d’oro.

APPRENDISTA - Consapevolezza e realismo. Volpe intanto ha già scelto la sua strada. Nel 1980 comincia l’apprendistato da maestro, come aiutante al Ctt di Carlo Vannini, l’anno successivo si ritrova a tenere i corsi insieme a Stefano Pagnacco. “Il responsabile della scuola era Caumo, che veniva a controllare una volta in settimana. Non ricevetti un soldo, ma l’esperienza mi valse come tirocinio per il corso di allenatore istruttore.” Sulle tribune era facile incrociare lo sguardo vigile e severo di Scarpa, un ex maresciallo della Finanza che adempieva con zelo ai suoi compiti di segretario. “L’ambiente era particolare, diverso dagli altri circoli. Ci sentiva sempre un po’ osservati, e non era una bella sensazione. Io in fondo sono sempre stato 'quello che veniva da Pergine’ e la cosa mi dava un tantino fastidio. Eccher invece non si curava dei commenti, pensava solo a giocare.” Il 1981 è l’anno della serie B. “Il Ct Trento voleva tornare ad essere il primo circolo della regione, soffriva la concorrenza di Riva e Bolzano che dominava in serie C” Sollecitato da Marco Casari e dal giornalista Francesco Trettel, il presidente Taddei ingaggia due giocatori di categoria: Fabrizio David, figlio di Mario David, direttore tecnico del Calcio Trento, e Quirino Cipolla, romano, futuro padre e coach di Flavio (ex top 100). “David giocava il diritto con la presa continental e con la mano ben dentro il manico, colpiva piatto e si appoggiava bene alla palla. Era un incontrista, oggi lo si definirebbe un contro attaccante da fondo. Cipolla invece aveva un tennis imprevedibile, un ottimo controllo e un grande timing sulla palla. Tutti e due giocavano piano, ma avevano una grande intelligenza tattica.” David era stato una promessa, aveva vinto diversi tornei di seconda categoria, e un titolo italiano di doppio da junior, ma il carattere fragile, volubile, non lo aveva aiutato a fare il salto di qualità. Cipolla invece era un artista della racchetta, aveva sviluppato un gioco assolutamente personale, fatto di colpi di tocco, di back in contro tempo, di attacchi con il pallonetto chiusi da improbabili stop volley che spesso facevano ammattire i suoi avversari. Aveva una spiccata sensibilità, sviluppata e affinata poi anche fuori dal campo. Oggi si diverte a fare lo scultore,”da alberi, radici e metalli dal pieno” come dice lui. “Era Cipolla a dirigere gli allenamenti, ci insegnava tanti giochi di destrezza, ma poi la squadra la decideva David. Nell’accordo avrebbe dovuto allenare me e Casari, ma parlava poco e il più delle volte stava a guardarci. Quirino aveva un atteggiamento diverso, ci metteva cuore e attenzione, e quando stava a bordo campo ci seguiva e ci spronava.”

MOTIVAZIONI - Quell’anno il Ct Trento sfiorerà soltanto l’accesso ai play-off. “Non fu un’esperienza positiva, almeno per me. Non giocai mai un singolo, solo un doppio a risultato acquisito. Non l’avevo presa bene, anche perché David non mi teneva in grande considerazione. Cosa devo fare per giocare gli chiesi un giorno, porta dei risultati mi rispose lui. Fu uno stimolo. Glieli portai e l’anno dopo divenni titolare.” Grazie all’innesto dell’argentino Luis Varrone, fascino magnetico e fisico esuberante, una copia con la barba di Guillermo Vilas, la squadra trentina stavolta riesce a superare la prima fase. “Io e Luis ci eravamo conosciuti durante un torneo ed eravamo diventati amici. Aveva un rovescio devastante, molto più forte del diritto. Lo ospitai per quasi un anno a casa mia, mangiava e dormiva lì, poi un giorno non l’ho più trovato, né più visto. Sparito. Se n’era andato senza nemmeno salutarmi. Ho dovuto fare al suo posto le ore di lezione che i soci gli avevano già pagato.” Le speranze dei nostri naufragano sul primo scoglio, il Tc Monviso: “Ricordo di essere andato in campo in un clima tesissimo, quasi da stadio, Fabrizio aveva litigato con qualcuno e l’ambiente era diventato ostile, avevamo paura di uscire dal campo. Finì 4-0 per loro, una sconfitta amarissima. Eravamo tutti convinti di andare avanti.” Alla fine del 1982 Volpe lascia l’università di Economia per la Scuola nazionale Maestri a Roma, che allora durava un anno intero. “Salivo a Trento con Cipolla, in Cinquecento. Un viaggio infinito. Il primo anno era arrivato con la Porsche, non so che fine avesse fatto la macchina.” Nunziante ha preso il posto di Varrone, ma la squadra non convince. “L’entusiasmo iniziale era un po’ scemato. La B per il circolo non ha avuto un effetto trainante, il pubblico c’era, ma i ragazzi non la seguivano, non erano coinvolti. E’ stata un’esperienza isolata, staccata dal resto. Una palestra importante solo per me, Andrea e Fabio.” Le porte con il tennis che conta si chiudono lì. Volpe si diploma e comincia a insegnare: "Avrei dovuto lavorare con Zandri in piazza Venezia, Torta mi suggerì lo Sporting Villazzano, ma alla fine fu Fabrizio Polla, presidente dell’Ata a convincermi. Vieni da noi siamo un circolo giovane, mi disse. Feci la scelta giusta.”

Autore
Luca Avancini

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